Un prete vescovo… ma non troppo

Fa effetto fare il vescovo… senza essere vescovo.
Mi riferisco al fatto che quest’anno è “il parroco di santo Stefano” a conferire la Cresima ai nostri ragazzi, ospiti nella chiesa di Novegro, aula liturgica più capiente. Così, per sette domeniche, verrà amministrato in questo modo il Sacramento della Confermazione.
Tutto si svolge in una normale Messa, con la normale predica, ma il momento della Cresima non è normale… per me: non sono vescovo.
A parte la prima volta vissuta con i dovuti “impacci” per capire, per ricordare, per fare come si deve, ecc., ora c’è più tranquillità nella celebrazione, anche se quella invocazione allo Spirito e quel gesto sulla fronte tra mascherine e cotone rimane un momento intenso.
Ti senti parte di un movimento che una marea di vescovi da duemila anni va tracciando sulla fronte di ragazzi e ragazze.
Tieni tra le dita cotone intinto nell’olio santo e succede altro; allunghi le mani sull’assemblea e capita qualcosa che non vedi ma che avverti.
C’è qualcosa che indica la Chiesa e che non passa da titoli di giornali né dal commentatore di grido o dal giornalista schierato sulle sue posizioni. Se fosse lui, o fossero loro i “controllori” del movimento ecclesiale, la Chiesa non sarebbe dello Spirito perché nessun umano ha il codice di accesso alle realtà divine.
Lo Spirito che, invocato, passa nella comunità raccolta lo si può avvertire quasi come profumo o come vibrazione, riconoscendo solo che “c’è qualcosa che non capisco ma che avverto”. Favorire questo passaggio è sì di ogni prete che celebra una Messa o battezza, ma compiere un’azione che fai per “concessione del Vescovo” te lo fa notare di più.
Immagino cosa abbia provato il buon Carlo Maria Martini quando, preso da una università romana, catapultato a Milano e ordinato vescovo nel gennaio 1980, dovette mettere le mani per la prima volta sulla testa di giovani e consacrare con il crisma le mani. Io so cosa ho provato perché ero uno di quelli, ma consacrare preti per la prima volta deve essere stato per l’amato cardinale un’esperienza immensa, quasi “come un parto”: stava cambiando dal di dentro la natura di quei giovani, per opera dello Spirito affinché fossero “di Dio”.
Su questa ultima esperienza non si può avere una… concessione e quindi è impossibile che arrivi a quel servizio nella Chiesa a meno che non diventi scismatico.
Ho ancora altri appuntamenti con i ragazzi e i loro familiari per imprimere sulla fronte un “sigillo” che garantisce da parte di Dio la fedeltà alla parola detta: godrò di questo dono.
Posso così dire che anch’io ho ricevuto un regalo.
don Norberto