Lettura Nuovo Testamento – 24

“Crescere in comunione”

Cari tutti,
la lettura ci ha condotto ormai al capitolo 12 della Prima lettera ai Corinzi. Risulta da subito chiaro che 1Cor è un testo in cui l’apostolo – rispondendo a questioni che gli sono state poste dai cristiani di quella comunità, da lui fondata qualche anno prima – affronta varie tematiche di vita vissuta, varie questioni che sollecitano una sua presa di posizione. Solo per richiamare quelle affrontate negli ultimi capitoli letti: il rapporto tra matrimonio e verginità (cap. 7), la possibilità di mangiare liberamente carni di animali sacrificati nei templi della città senza scandalizzare chi la pensa diversamente (capp. 8-10), lo svolgimento delle assemblee liturgiche (cap. 11), la strutturazione carismatica della comunità come corpo di Cristo (cap. 12).
È evidente la connotazione primariamente comunitaria della preoccupazione di Paolo. L’attenzione alla dimensione comunitaria torna continuamente e in molti modi. Soprattutto, l’apostolo affronta a più riprese il rischio della disgregazione della comunità, la tentazione di ognuno di far prevalere i propri interessi su quelli del gruppo. «Fatevi miei imitatori» (1Cor 11,1), di me che rinuncio a una serie di diritti (mangiare carne immolata agli idoli, anche se so che gli idoli sono fanfaluche; avere una sposa credente al seguito, come in genere gli altri apostoli; essere sostenuto economicamente dalla comunità cristiana per la quale si affatica). «Io invece non mi sono avvalso di alcuno di questi diritti» (1Cor 9,15): la mia ricompensa è di lavorare gratuitamente, il mio salario è la gratuità per il vangelo.
L’immagine di Paolo impegnato a lavorare per la comunione tra i (litigiosetti) cristiani di Corinto mi richiama una bella pagina di Antoine de Saint-Exupéry, che all’inizio del suo “Terre degli uomini” ricorda un episodio di vita:
«Ho sempre dinanzi agli occhi l’immagine della mia prima notte di volo in Argentina, una notte scura in cui brillavano, come stelle, solo i radi lumi sparsi per la pianura. Ciascuno era come il segnale, in quell’oceano di tenebre, del miracolo di una coscienza. Nel tale focolare qualcuno leggeva, pensava, scambiava confidenze. Nel tal altro, forse, qualcuno cercava di sondare lo spazio, si logorava in calcoli sulla nebulosa di Andromeda. Là si amava. Risplendevano di luogo in luogo nella campagna, queste luci che reclamavano alimento: anche le più discrete, quella del poeta, del maestro, del carpentiere. Ma, in mezzo a quelle stelle vive, quante finestre chiuse, quante stelle spente, quanti uomini addormentati… Bisogna pur tentare di riunirsi. Bisogna pur cercare di comunicare con qualcuna di queste luci che risplendono, di luogo in luogo, nella campagna».
Per Antoine de Saint-Exupéry quelle luci nella pianura argentina, che raccontano palpiti di vita notturna, sono come l’immagine di una comunità umana dispersa e da raccogliere. «Bisogna pur tentare di riunirsi», perché il convergere di tante attività creative (il maestro, il poeta, il carpentiere, l’astronomo, il confidente che racconta all’amico…) accenda alla vita piena, risvegli alla luce della avventura umana, anche le coscienze addormentate, le «stelle spente» di chi è annegato nel torpore morale della notte delle anime.
I vangeli raccontano che il Risorto fa proprio questo: va a radunare le luci disperse nella pianura del mondo, a radunarle, a tessere fili di comunità tra le luci sparpagliate lontano. Raduna i discepoli che l’hanno seguito, e li raccoglie in comunità.
Ancora a questo lavora l’apostolo Paolo, sempre a questo lavorano i profeti e gli apostoli dei nostri tempi.
Nella grande avventura di non disperderci, di crescere in comunione, il Signore ci accompagni.
don Paolo Alliata

Prossime tappe: lunedì 22/5 dovremmo concludere la Prima lettera ai Corinzi,
per passare poi, sino domenica 4 luglio, alla Seconda lettera ai Corinzi.