“La vita di una comunità”
Carissimi,
oggi dovremmo essere arrivati al capitolo quinto della Prima lettera ai Corinzi.
La lettera fu scritta da Paolo negli anni 54-56 d.C., mentre si trovava ad Èfeso, verso la fine del suo soggiorno in quella città (cfr. 1Cor 16,5-9).
Corinto era una grande metropoli, con forse 500.000 abitanti, capitale della provincia romana dell’Acaia, importante centro commerciale, luogo di incontro di molte culture e molte esperienze religiose, famosa per il tempio di Afrodite e per la proverbiale corruzione.
La comunità cristiana vi era stata fondata nel 50-51 d.C. grazie alla predicazione dell’apostolo Paolo (cfr. At 18,1-18).
La lettera prende spunto dalle informazioni che Paolo riceveva, a voce o per lettera, mentre si trovava a Èfeso (cfr. At 19,1-20,1).
Molte delle sue riflessioni nascono proprio dalla ricerca di risposte alle domande sollevate o dal desiderio di correggere errori o cattivi comportamenti segnalati nella comunità.
Si potrebbe dire che la teologia di Paolo, almeno in questa lettera, nasce non “a tavolino”, ma dallo sforzo di capire come si debba impostare una vita coerente con la carità di Cristo che, per l’apostolo, è il cuore della rivelazione e, quindi, il senso della vita cristiana.
Nella lettera si può individuare questa struttura:
– Indirizzo, saluto e ringraziamento (1,1-9)
– Le divisioni nella comunità (1,10-4,21)
– Scandali e liti (5,1-6,20)
– Matrimonio e verginità (7,1-40)
– Culto pagano e culto cristiano (8,1-11,34)
– Il valore dei carismi (12,1-14,40)
– La risurrezione della carne (15,1-58)
– Una colletta, prossima venuta di Paolo, raccomandazioni e saluti (16,1-24).
Nel breve capitolo quinto, oggetto della nostra lettura odierna, viene affrontato un grave caso di immoralità personale e comunitario, e vi emergono tre temi interessanti:
1) secondo l’apostolo ciò che fa crescere la comunità cristiana di Corinto – e non solo quella – sono la «verità» e la «sincerità» (cfr. 1Cor 5,8): la «verità» cercata con tutta l’onestà e l’impegno possibili, la «sincerità» nell’amare e aderire alla verità, magari dopo averla a lungo cercata;
2) questo comporta anche la maturità di non aver paura di riconoscere l’errore e il male ovunque essi si manifestino, anche se questo avvenisse in ciò e in chi è più vicino a noi (cfr. 1Cor 5,9-13);
3) anche perché, qualora dovessimo assumere provvedimenti severi nei confronti nostri o di altri, essi sono sempre per la salvezza: «Questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore» (1Cor 5,5).
“Verità”, “sincerità”, “amore” e “desiderio della salvezza”: tratti buoni della vita di ogni comunità.
Buona continuazione!
Claudio Stercal
Prossima tappa: entro lunedì 22 maggio la conclusione della Prima lettera ai Corinzi.