Lettura Nuovo Testamento – 13

Carissimi,
oggi dovremmo essere arrivati al capitolo settimo del Vangelo di Giovanni.
Pur essendo ormai al “quarto giro di boa” della lettura del vangelo di Gesù, come ormai “abituati”, cogliamo fin dall’inizio un impianto molto diverso della narrazione rispetto ai tre precedenti sinottici, che mantengono invece una sostanziale corrispondenza. Eppure è ancora della vicenda del Figlio che l’evangelista intende dare testimonianza perché solo in essa è rivelato il volto del Padre, come afferma a conclusione del prologo innico, che fa da “preludio” al testo: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18). C’è un unico modo poter conoscere Dio: ascoltare la “rivelazione” dal Figlio… il verbo greco usato è piuttosto singolare perché in effetti indica una rivelazione, ma un rivelare narrando, un dispiegare raccontando. Il Figlio unigenito, Gesù di Nazareth ci ha «rivelato» il Padre, cioè ce lo ha svelato, raccontandocelo nella sua «carne»: la storia, la narrazione della sua vicenda umana è lo “scrigno” nel quale è custodito il tesoro del volto del Padre.
E l’evangelista ne dispone il racconto in due macro-sezioni, che gli studiosi generalmente denominano il “Libro dei segni” (Gv 2-11) e il “Libro del compimento” di tali segni nella Resurrezione di Gesù (Gv 12-21). I sette “segni”, similmente ai miracoli dei Sinottici, sono opere prodigiose che Gesù compie e che dovrebbero aprire il cuore alla fede, a riconoscere ed accogliere l’amore di Dio che ci raggiunge nel Figlio: la trasformazione dell’acqua in vino a Cana (Gv 2,1-11), la guarigione del figlio del funzionario del re (Gv 4,46-54), la guarigione del paralitico alla piscina di Betzatà (Gv 5), la moltiplicazione dei pani e la tempesta sedata (Gv 6), la guarigione del cieco nato (Gv 9) e la resurrezione di Lazzaro (Gv 11). Spesso a questi segni seguono ampi discorsi, che soprattutto a partire da Gv 5 diventano dibattiti, vere e proprie controversie con i Giudei, la cui ostilità nei confronti di Gesù è crescente. Essi rappresentano le autorità giudaiche che emettono molto presto la loro sentenza di morte nei confronti di Gesù, il quale fin da Gv 5 istituisce in un certo senso la propria difesa: il quarto vangelo non racconterà infatti il suo processo davanti al sinedrio; è come se lo anticipasse nei dibattiti disseminati in questi capitoli. I Giudei rappresentano però anche tutto Israele, il popolo eletto che rifiuta la rivelazione del suo Dio; sempre nel prologo, l’evangelista lo aveva enunciato: «i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,11), nel prosieguo il rifiuto si palesa… e dà voce anche alla nostra resistenza, alla nostra chiusura: risuonano in esso le obiezioni che anche il nostro cuore cova e che alla rivelazione del Figlio vengono portate alla luce.
Questa è tuttavia inarrestabile e si offre in particolare in formule vere e proprie di rivelazione in cui Gesù dice: «io sono». Sono espressioni singolari disseminate, nella narrazione come perle incastonate nel racconto. «Io sono… il pane della vita… sono io, non temete (ai discepoli sulla barca) … io sono la luce del mondo… il buon pastore… la resurrezione e la vita»: ogni volta Gesù dispiega così il segno compiuto, perché le persone che lo ascoltano (e noi lettori) possano aprirsi alla relazione con Lui… e non fermarsi appunto al segno! Il problema è che i Giudei sanno bene che tale formula non è innocente, perché richiama la rivelazione di Dio a Mosè (Es 3,14) e sentirla in bocca a Gesù a loro risulta come sfrontata! Eppure Gesù anche davanti al loro, e al nostro, rifiuto continua a donarsi!
In particolare nel capitolo che leggiamo oggi, Gesù si rivela come sorgente dell’acqua viva e invita a dissetarsi a Lui! Come segnalato all’inizio siamo vicini alla festa della Capanne (Gv 7,2), durante la quale nel Tempio veniva offerta dell’acqua sull’altare della libagione, in memoria di quella che aveva dissetato Israele nel deserto: ora è Gesù la roccia, ora è Lui il tempio, di cui aveva parlato Ezechiele, da cui scaturiscono fiumi d’acqua viva!
Se nelle pieghe della sua storia possiamo rintracciare il volto di Dio, e se questa possibilità, questa “soglia” sul mistero del Padre resta a noi disponibile “dentro il libro”, nelle pieghe delle pagine di racconto, come intrecciato nelle parole del vangelo, che come testimone ci attesta del volto del Padre, allora… continuiamo ad abbeverarcene!
Buona lettura!

sr Anna Borghi