Domenica dopo l’Ascensione
Festa a San Felice
Nei prossimi giorni e precisamente da martedì 3 giugno a lunedì 9 giugno ricorre la festa del quartiere San Felice di cui la parrocchia si è fatta promotrice; ci saranno vari momenti di incontro e di ritrovo che troverete riportati sull’apposita locandina.
In particolare segnaliamo martedì 3 giugno alle ore 16.30, presso la portineria centrale di San Felice, l’incontro con Edoardo Zin, esperto italiano della figura di Robert Schuman e medaglia d’oro al merito europeo. Tema: “Robert Schuman padre dell’Europa, dal cui intervento il 9 maggio 1950, prende avvio la Comunità europea”. Domenica 8 giugno nella Messa delle ore 11 ricorderemo il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Felice (sospesa la messa delle 10 e delle 11.30).
A Roma e a Manoppello
Perché si fa ancora il giubileo? Che cosa ha a che fare con la vita delle persone? Due parole chiave: pellegrinaggio e porta. Il primo messaggio trasmesso dal don, è che il nostro è un pellegrinaggio con una dimensione comunitaria che richiama un cammino, un itinerario di fede.
Giungiamo a Roma, giovedì 22 maggio nel primo pomeriggio e il momento più emozionante è l’ingresso dalla porta santa della basilica di Santa Maria Maggiore, per invocare la Madonna e per rendere omaggio alla tomba di Papa Francesco: la sobrietà della sepoltura rappresenta veramente la sua vita.
Fedeli da tutto il mondo vengono a Roma per visitare le basiliche, attraversare le varie porte sante, conoscere alcuni dei luoghi più iconici della cristianità: S. Maria Maggiore, ormai meta di numerosi pellegrini, la basilica di San Pietro, il cuore del cattolicesimo, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura. Le catacombe, un luogo di grande impatto sia visivo che emotivo, dove si entra in contatto con la storia millenaria della Chiesa, le persecuzioni subite dai cristiani ed il loro martirio.
Ogni passaggio delle porte sante è stato vissuto da tutti con consapevolezza e serietà. Una meditazione iniziale, una breve processione con una preghiera a voce bassa, in silenzio. In quei templi meravigliosi ognuno di noi ha avuto il suo dialogo con il Signore: chi ha meditato seduto tra i banchi, chi ha chiesto perdono nel sacramento, chi ha riflettuto visitando la Chiesa e ciò che proponeva. Rimane nei nostri ricordi il percorso della via della Conciliazione fino alla porta santa, dietro a una croce portata in processione, come un segno visibile di questo messaggio di amore e redenzione. Ogni passo è stato una testimonianza di fede e devozione che ci ha ricordato che dobbiamo essere “Pellegrini nella speranza”.
Tutto si conclude il terzo giorno con la visita al santuario di Manoppello in Abruzzo dove è custodita un’importante reliquia, il Volto Santo, la vera immagine di Cristo impressa su un telo. Un volto che sembra uscito dalla sofferenza con gli occhi che ti seguono ovunque ti sposti e ti accompagnano sino a che non distogli lo sguardo.
In questi giorni abbiamo vissuto un’esperienza unica, attraverso piazze affollate, maestose basiliche e momenti di riflessione. Ora è giunto il vero momento di prendersi del tempo, porsi delle domande, riflettere e chiedere la grazia di un “cuore nuovo” per vivere nella pienezza di un amore generoso dei fratelli ai fratelli. Il viaggio del pellegrinaggio non finisce qui, ma è l’inizio di un nuovo capitolo nella vita di fede nello spirito del giubileo.
Enza
Patto delle catacombe
Vale la pena portare a conoscenza di tutti il “patto delle catacombe” stipulato da circa 40 vescovi (poi sottoscritto da altri vescovi) che stavano vivendo l’ultima sessione del Concilio Vaticano II. La recente presenza di un nutrito gruppo di pellegrini alle catacombe di san Callisto nel cui spazio sepolcrale abbiamo celebrato l’eucarestia, ha permesso di portare in luce parole che stavano delineando una “Chiesa povera tra i poveri”. Figura di spicco furono monsignor Helder Camara del Brasile e Manuel Larrain del Cile, Georges Mercier, vescovo di Laghout (Algeria), Charles-Marie Himmer, vescovo di Tournai, in Belgio e mons. Lercaro vescovo di Bologna.
Dopo sessant’anni, un testo profetico.
16 novembre 1965
Noi, vescovi riuniti nel Concilio Vaticano II, illuminati sulle mancanze della nostra vita di povertà secondo il Vangelo; sollecitati vicendevolmente ad un’iniziativa nella quale ognuno di noi vorrebbe evitare la singolarità e la presunzione; in unione con tutti i nostri Fratelli nell’Episcopato, contando soprattutto sulla grazia e la forza di Nostro Signore Gesù Cristo, sulla preghiera dei fedeli e dei sacerdoti della nostra rispettiva diocesi; ponendoci col pensiero e la preghiera davanti alla Trinità, alla Chiesa di Cristo e davanti ai sacerdoti e ai fedeli delle nostre diocesi; nell’umiltà e nella coscienza della nostra debolezza, ma anche con tutta la determinazione e tutta la forza di cui Dio vuole farci grazia, ci impegniamo a quanto segue:
- Cercheremo di vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende.
- Rinunciamo per sempre all’apparenza e alla realtà della ricchezza, specialmente negli abiti (stoffe ricche, colori sgargianti), nelle insegne di materia preziosa (questi segni devono essere effettivamente evangelici). Né oro né argento.
- Non possederemo a nostro nome beni immobili, né mobili, né conto in banca, ecc.; e, se fosse necessario averne il possesso, metteremo tutto a nome della diocesi o di opere sociali o caritative.
- Tutte le volte che sarà possibile, affideremo la gestione finanziaria e materiale nella nostra diocesi ad una commissione di laici competenti e consapevoli del loro ruolo apostolico, al fine di essere, noi, meno amministratori e più pastori e apostoli.
- Rifiutiamo di essere chiamati, oralmente o per scritto, con nomi e titoli che significano grandezza e potere (Eminenza, Eccellenza, Monsignore…). Preferiamo essere chiamati con il nome evangelico di Padre.
- Nel nostro comportamento, nelle nostre relazioni sociali, eviteremo quello che può sembrare un conferimento di privilegi, priorità, o anche di una qualsiasi preferenza, ai ricchi e ai potenti (banchetti offerti o accettati, nei servizi religiosi).
- Eviteremo ugualmente di incentivare o adulare la vanità di chicchessia, con l’occhio a ricompense o a sollecitare doni o per qualsiasi altra ragione. Inviteremo i nostri fedeli a considerare i loro doni come una partecipazione normale al culto, all’apostolato e all’azione sociale.
- Daremo tutto quanto è necessario del nostro tempo, riflessione, cuore, mezzi, ecc., al servizio apostolico e pastorale delle persone e dei gruppi laboriosi ed economicamente deboli e poco sviluppati, senza che questo pregiudichi le altre persone e gruppi della diocesi. Sosterremo i laici, i religiosi, i diaconi o i sacerdoti che il Signore chiama ad evangelizzare i poveri e gli operai condividendo la vita operaia e il lavoro.
- Consci delle esigenze della giustizia e della carità, e delle loro mutue relazioni, cercheremo di trasformare le opere di “beneficenza” in opere sociali fondate sulla carità e sulla giustizia, che tengano conto di tutti e di tutte le esigenze, come un umile servizio agli organismi pubblici competenti.
- Opereremo in modo che i responsabili del nostro governo e dei nostri servizi pubblici decidano e attuino leggi, strutture e istituzioni sociali necessarie alla giustizia, all’uguaglianza e allo sviluppo armonico e totale dell’uomo tutto in tutti gli uomini, e, da qui, all’avvento di un altro ordine sociale, nuovo, degno dei figli dell’uomo e dei figli di Dio.
- Poiché la collegialità dei vescovi trova la sua più evangelica realizzazione nel farsi carico comune delle moltitudini umane in stato di miseria fisica, culturale e morale – due terzi dell’umanità – ci impegniamo:
- a contribuire, nella misura dei nostri mezzi, a investimenti urgenti di episcopati di nazioni povere;
- a richiedere insieme agli organismi internazionali, ma testimoniando il Vangelo come ha fatto Paolo VI all’Onu, l’adozione di strutture economiche e culturali che non fabbrichino più nazioni proletarie in un mondo sempre più ricco che però non permette alle masse povere di uscire dalla loro miseria.
- Ci impegniamo a condividere, nella carità pastorale, la nostra vita con i nostri fratelli in Cristo, sacerdoti, religiosi e laici, perché il nostro ministero costituisca un vero servizio; così:
- ci sforzeremo di “rivedere la nostra vita” con loro;
- formeremo collaboratori che siano più animatori secondo lo spirito che capi secondo il mondo;
- cercheremo di essere il più umanamente presenti, accoglienti…;
- saremo aperti a tutti, qualsiasi sia la loro religione.
Tornati alle nostre rispettive diocesi, faremo conoscere ai fedeli delle nostre diocesi la nostra risoluzione, pregandoli di aiutarci con la loro comprensione, il loro aiuto e le loro preghiere.
Aiutaci Dio ad essere fedeli.
Avvisi
- Lunedì 2 giugno, alle ore 21
“Maria luce nella notte”: concerto con la corale di Santo Stefano e il coro giovane di Novegro
- Sabato 7 giugno: in duomo, ordinazione sacerdotale
Ore 21: veglia di Pentecoste al Villaggio ambrosiano
- Domenica 8 pentecoste: festa di quartiere a San Felice
- 13 – 15 giugno: weekend in montagna a Pasturo
Proposta per famiglie e persone singole di convivenza, dialogo spirituale, conoscenza; vedi locandina.