Lettura Nuovo Testamento – 37

«Scrivo a voi»

 Carissimi,

le Lettere di Giovanni hanno suscitato fin dai Padri della Chiesa fascino e tremore. Si tratta di testi che entusiasmano l’ascoltatore sensibile e, nello stesso tempo, per i numerosi problemi letterari, sono considerati dagli studiosi tra gli scritti più difficili del Nuovo Testamento. Sono un richiamo meraviglioso ai temi più importanti della vita cristiana, in particolare, la fede e l’amore, in un insieme di splendide immagini e profondità teologica. Così commentava sant’Agostino a proposito di 1Gv: «Quanto più volentieri parlo della carità, tanto meno vorrei terminare la spiegazione di questa lettera. Nessun altro testo, infatti, la celebra in modo così appassionato» (dal Commento alla Prima Lettera di Giovanni). Al di là delle dibattute questioni esegetiche, con Agostino assaporiamo anche noi la bellezza di queste pagine, offrendo qualche indicazione che aiuti a orientare l’ascolto/lettura.

Nella Prima Lettera c’è chi ha individuato una successione di sette pericopi, incorniciate da un prologo e da un epilogo, che testimoniano con forza l’annuncio di fede predicato dalla cosiddetta “comunità giovannea”, come “verità” volta a smascherare le “falsità” dei numerosi “anticristi” che rischiavano di confondere e ingannare le prime Chiese cristiane (è probabile che la data di composizione si aggiri intorno al 100 d.C., forse a Efeso o ad Antiochia di Siria). La 1Gv si presenterebbe allora così strutturata: un Prologo, il fondamento della verità (1Gv 1,1-4); le sette pericopi: la vera comunione con Dio (1Gv 1,5-2,6), il vero dimorare nella luce (1Gv 2,7-17), i veri possessori del Padre (1Gv 2,18-28), i veri figli di Dio (1Gv 2,29-3,10), il vero dimorare nella vita (1Gv 3,11-22), la vera fede e il vero amore (1Gv 3,23-5,4, pericope, la sesta, con un’ampiezza doppia rispetto alle altre) e la vera testimonianza (1Gv 5,5-17); infine, l’Epilogo, il vero Dio (1Gv 5,18-21). Ogni pericope si presenta secondo lo schema: annuncio, argomentazione ed esortazione. L’agiografo argomenta il suo annuncio/testimonianza, per esortare gli ascoltatori/lettori a rimanere fedeli alla rivelazione che «da principio» (1Gv 2,13) Cristo ha offerto al “Discepolo Amato”, il testimone che sta all’origine della tradizione giovannea. A partire da questo la Comunità in ascolto è chiamata a discernere tra ciò che è vero e ciò che è falso. Lasciando che ognuno di noi si immerga nel desiderio di chi ha scritto e che è lo stesso di Dio («Questo vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna» 1Gv 5,13), non possiamo non citare un brano esemplificativo ed emblematico di tutta la lettera: «Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi, infatti, non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello» (1Gv 4,19-21). Il Dio di Gesù Cristo, insieme all’autore/gli autori della lettera, desidera che continuiamo a riconoscere di essere “immersi” nell’unica vera vita che è la comunione d’amore con Lui e con i fratelli e le sorelle, realizzata una volta per tutte dal Cristo crocifisso e risorto, senza cadere negli inganni dei falsi profeti che spingono all’odio e alla divisione. Una vita che non ha fine…

La Seconda e la Terza Lettera di Giovanni sono due biglietti che hanno il carattere di “missive”, secondo la formulazione tradizionale della comunicazione epistolare in uso nel tempo antico. L’autore si presenta come «presbitero» (2Gv 1 e 3Gv 1), un titolo riservato ai capi delle comunità, e indirizza la prima missiva alla «Signora eletta da Dio e ai suoi figli» (un modo poetico per designare una comunità da lui generata alla fede, cfr. 2Gv 8) e la seconda «al carissimo Gaio», con un saluto (cfr. 2Gv 3) e un augurio (cfr. 3Gv 2). In entrambe le lettere segue poi un’esclamazione di gioia, in luogo del più consueto “ringraziamento” (cfr. 2Gv 4 e 3Gv 3). In 2Gv poi il «presbitero» struttura il suo messaggio invitando a camminare nella verità e nell’amore conosciuto «da principio» (2Gv 5), stando attenti a non farsi ingannare dai falsi maestri (cfr. 2Gv 7-11). Anche 3Gv, pur avendo un carattere più privato, contiene i temi tipici della predicazione giovannea (la testimonianza, cfr. 3Gv 3.6.12; la verità, cfr. 3Gv 1.3.4.8.12 e l’amore, cfr. 3Gv 1.6). In particolare, l’amore si declina nell’ospitalità verso i missionari cristiani (cfr. 3Gv 5.8.10). Con gli elogi e l’esortazione per Gaio (cfr. 3Gv 3-8.11-12) e il rimprovero per Diotrefe (3Gv 9-10), la lettera ci offre uno squarcio interessante sulla vita e le problematiche delle prime comunità cristiane. Entrambe le lettere si concludono poi con una forma stereotipata di congedo e di saluto (cfr. 2Gv 12-13 e 3Gv 13-15). In definitiva, è evidente come anche 2Gv e 3Gv riguardino la “vera vita” che viene da Gesù Cristo e dalla fede in Lui, una fede che si manifesta nella fedeltà al comando dell’amore affidato dal Padre agli uomini proprio attraverso Suo Figlio. Una fedeltà minacciata dagli inganni degli “anticristi”. È la testimonianza forte e incisiva del pensiero giovanneo, che esprime il desiderio del Padre che tutti i suoi figli abbiano la vita e che l’evangelizzatore mette in parola, affinché diventi la “nostra parola”, la “nostra verità”, e si “rimanga nella vita”: «Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui» (1Gv 3,24).

Buon cammino,

don Davide Bertocchi

 

Prossime tappe: domani, 18 agosto, dovremmo leggere la brevissima Terza lettera di Giovanni e il 19 la breve Lettera di Giuda, per passare poi all’ultimo libro del Nuovo Testamento, l’Apocalisse.