“La porta del cielo è spalancata!”
Carissimi,
oggi dovremmo essere arrivati al capitolo quinto dell’Apocalisse.
Come già indicato nell’Introduzione alla Tradizione Giovannea, ci poniamo in ascolto di un testo dal genere apocalittico, tipico anche della letteratura giudaica coeva, che in tempi di particolare difficoltà invoca l’intervento diretto di Dio, la sua manifestazione, la rivelazione della sua opera nella storia.
Il libro inizia infatti con: «Rivelazione di Gesù Cristo» (Ap 1,1), che opportunamente traduce dal greco il termine “apocalisse”; e immediatamente mostra anche il “contenuto” di tale rivelazione: la persona di Gesù Cristo Risorto. È Lui, infatti, che Giovanni incontra; è di Lui la visione a cui viene misteriosamente ammesso, Lui che fin dall’inizio è presentato con i canoni classici con cui la Scrittura nomina Dio: «Io sono … l’Alfa e l’Omega … il Vivente» (Ap 1,8.18). Ed è proprio il Risorto che consegna dei messaggi da portare alle Chiese, a quelle comunità giovannee dell’Asia Minore del I secolo, che molto probabilmente attraversavano grandi difficoltà, legate a errori di comprensione della fede, che potevano sfociare in eresie, spesso caratterizzate da sincretismo. La centralità del rapporto con il Risorto e della Sua Parola per le comunità occupa la prima parte del testo (Ap 2,1‒3,20), elaborata in forma di sette lettere. Si tratta piuttosto di un testo unitario in cui ricorrono elementi comuni: il comando di scrivere, cioè il desiderio di rivelarsi del Risorto tramite il testimone, la valutazione del vissuto dei credenti e le esortazioni in ordine ad una fede più autentica, accompagnate dalle promesse di vittoria.
La seconda parte dell’Apocalisse (4,1‒22,5) è distribuita in tre settenari, di cui il testo che stiamo leggendo in questi giorni (Ap 4,1‒5,14) rappresenta la visione introduttiva, come una sorta di ouverture che annuncia e dispone ai temi che seguiranno. Giovanni, il veggente, sembra come misteriosamente ammesso alla corte celeste, ancora una volta per essere testimone di uno straordinario spettacolo da rivelare, da trasmettere. Sono tre i simboli che occupano la scena ‒ il trono, il libro e l’Agnello ‒ ma la centralità è rappresentata dal rotolo (l’“antenato” del libro all’epoca!), che viene consegnato quasi come uno scettro all’Agnello. Diversi significati sono stati attribuiti a tale simbolo… potremmo accordarci con chi vi riconosce il progetto di Dio nella storia, così difficile da cogliere che se qualcuno non lo dissigilla, non lo dischiude… davvero non ci resta che piangere! Ma non è questa la sorte che ci attende, perché Uno che dispiega il senso della storia c’è: per quanto ci venga presentato come «il leone della tribù di Giuda» (Ap 5,5), non sbrana nessuno, anzi è «un Agnello, in piedi, come immolato» (Ap 5,6), cioè si presenta come vittima, consegnata nella morte, eppure su di essa trionfante, Risorto… appunto: «in piedi», da Signore! È in Lui che la storia ritrova il proprio senso: essa cammina verso la redenzione, la liberazione, la gloria in cui ogni lacrima, ogni “morte”, di ogni uomo sarà asciugata dall’amore di Dio che si consegna proprio come un Agnello! Ed infatti a Lui simbolicamente si prostrano in adorazione tutta la creazione e tutta la storia!
Chiediamo che anche i nostri occhi si aprano al riconoscimento della rivelazione del Vivente, come di colui che è presente nella storia di ciascuno e dell’umanità intera, come di colui che la conduce a pienezza, al suo compimento di benedizione: ormai, come testimonia Giovanni, «una porta era aperta nel cielo» (Ap 4,1)! Gesù, consegnato nella morte e risorto, l’ha spalancata per ciascuno di noi! E a questa visione siamo ammessi proprio leggendo, cioè disponendoci all’ascolto profondo che dà credito alle parole di questo libro; lo ha dichiarato il veggente in apertura al testo: «beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte» (Ap 1,3).
Ancora una volta l’ascolto della Parola aprirà il nostro cuore alla visione del senso della storia personale e universale che procede verso l’ingresso alla Gerusalemme del cielo la cui porta è ormai dissigillata e spalancata da un Amore che ci vuole presso di sé!
Buona lettura
sr Anna Borghi