Lettura Nuovo Testamento – 9

«L’umanità, creata da Dio bella come il sole»

Carissimi,

oggi dovremmo essere arrivati al capitolo dodicesimo dell’Apocalisse.

I capitoli 12-15 ruotano attorno a tre segni. I primi due sono: «una donna vestita di sole…» (Ap 12,1) e «un enorme drago rosso…» (Ap 12,3). La lotta tra i due, presentata con riferimenti alla simbologia apocalittica e con allusioni all’Antico Testamento (il serpente; l’acqua e il deserto dell’Esodo; la nascita del davidico re-Messia; …), propone il conflitto tra l’umanità e il male, che raggiunge il suo vertice nell’opera messianica di Gesù.

Il terzo segno, proposto nel capitolo quindicesimo, è costituito dai «sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l’ira di Dio…» (Ap 15,1); condurranno lo scontro verso la sua conclusione.

Al centro di questa sezione vi è il capitolo 16, con i sette angeli che versano «sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio» (Ap 16,1ss.). Il sottofondo delle immagini sembra ispirarsi alle piaghe d’Egitto secondo il racconto dell’Esodo.

Seguono poi i capitoli dal diciassettesimo sino alla fine, dominati dai due grandi simboli di donne-città: Babilonia (cfr. Ap 17,1-18) e Gerusalemme (Cfr. Ap 21,9-22,5), grazie alle quali si potranno anticipare le vicende negative o positive successive all’intervento di Dio.

A proposito del famosissimo “segno della donna” del capitolo dodicesimo, riportiamo il commento di don Claudio Doglio: «I simboli femminili dominano l’ultima parte dell’opera; nei capitoli 17-22 emergono due donne-città: Babilonia, la prostituta, e Gerusalemme, la sposa. È lecito pensare che, come nei capitoli conclusivi, anche all’inizio della sezione la simbologia muliebre voglia evocare la relazione personale che l’umanità ha con Dio. Nella storia dell’esegesi la donna del capitolo 12 è stata interpretata nei modi più disparati e la continua molteplicità di opinioni al riguardo testimonia la difficoltà del passo; ma le soluzioni più attendibili danno risalto alla generazione di un figlio con caratteristiche messianiche. Le proposte ermeneutiche, senza escludersi a vicenda, si possono ridurre a quattro modelli in ordine crescente di ampiezza simbolica: 1) la Vergine Maria, madre di Gesù, il Cristo; 2) la Chiesa, comunità-sposa che continua, nel dramma della storia, a generare il Cristo; 3) il popolo di Israele, che ha preparato con la sua storia la nascita del Messia; 4) la prima madre, ovvero l’umanità a cui è promessa la salvezza nella lotta contro il male attraverso l’opera della sua stessa discendenza. Il contesto narrativo dell’insieme induce a preferire un’interpretazione ampia che veda nella donna soprattutto l’umanità nella sua originale bellezza e anche l’esperienza di misericordia vissuta dal popolo eletto, ovvero il punto di partenza della storia umana segnata dal peccato e dall’intervento salvifico di Dio. Con poche pennellate surrealiste la figura della donna evoca la situazione originale dell’umanità, creata da Dio bella come il sole, superiore alle fasi del tempo (simboleggiate dalla luna), coronamento di tutto il cosmo (le dodici costellazioni); eppure il travaglio del parto dice che non è perfetta in sé, ma in tensione verso una novità futura» (C. Doglio, Apocalisse, San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pp. 117-119).

Buona lettura!

d. Claudio Stercal

Prossime tappe: domenica 10 settembre dovremmo arrivare al termine dell’Apocalisse e del nostro percorso di lettura del Nuovo Testamento. Una piccola “impresa”. Con chi vorrà e potrà, ci troveremo a Milano per un momento di incontro e confronto sabato 16 settembre (ore 15.30-18.00), come riportato nella comunicazione inviata mercoledì 30 agosto.