22 giugno 2025

Seconda domenica dopo Pentecoste


Rendersi conto

Siamo sempre immersi nella preghiera ed è proprio usando la preposizione “nella”, che indichiamo una relazione oggettiva con il Padre, con Gesù, Dio Amore.

Questa semplice considerazione esprime l’aspetto innovativo e particolare del cristianesimo rispetto ad altre lodevoli forme religiose. Se noi siamo in Dio e Dio è in noi, possiamo sentirci anche solo per un minuto “fuori” da questo legame? Ovviamente no, eppure dimenticanza e superficialità talvolta lo rendono possibile. Abbiamo però un segno chiaro e bello, forse anche ovvio, che ci può aiutare e che consiste nella chiesa aperta con una lampada rossa che ci obbliga a fermarci. “Passare in chiesa”, fermandoci, è il modo per realmente valorizzare questo legame in cui siamo stati immessi.

La solennità del Corpus Domini celebrata lo scorso giovedì e la festa del Cuore di Gesù, che cade venerdì 27 giugno, sono indicazioni liturgiche che ci possono venire in aiuto.


Nel cammino della Chiesa

Solo a partire dal cuore le nostre comunità riusciranno a unire le diverse intelligenze e volontà, e a pacificarle affinché lo Spirito ci guidi come rete di fratelli. Il cuore di Cristo è uscita, dono, incontro. In Lui diventiamo capaci di relazionarci in modo sano e felice e di costruire, in questo mondo, il Regno d’amore e di giustizia. Il nostro cuore unito a quello di Cristo, è capace di questo miracolo sociale“.

Nel volantino di invito alla “duegiorni” in montagna, siamo voluti partire da questo brano di Papa Francesco, contenuto nella sua ultima Enciclica “Dilexit Nos”. Ci sembrava, infatti, che descrivesse molto bene la prospettiva da provare a vivere in quel weekend: il miracolo sociale di una piccola comunità cristiana che, avendo incontrato il cuore di Cristo, prova a vivere insieme come tra fratelli. Nella semplicità di una fraternità quotidiana: cucinando e lavando i piatti, apparecchiando e giocando, adulti e bambini insieme. Una piccola Chiesa viva, trasversale, dai nonni ottantenni ai figli di 4 anni, che semplicemente prova a scorgere i segni di una diversità umana, di una ricchezza divina, pur dentro le fatiche o le gioie di ogni giorno.

Il meteo gradevole ha favorito ancora di più il nostro stare insieme: le due giornate sono state scandite da momenti di riflessione per gli adulti (suddivisi in piccoli gruppi così che ognuno si sentisse libero di condividere i propri pensieri), e momenti di gioco per i ragazzi. Al pomeriggio di sabato abbiamo fatto una passeggiata fino alla cascata, per godere della bellezza della natura che ci richiamava al fatto che noi siamo chiamati ad essere co-protagonisti, con il nostro esserci, ma non potremmo mai essere gli autori della Vita. È  stato bello celebrare insieme la Messa per ringraziare i 45 anni di sacerdozio di Don Norberto, un momento tanto semplice quanto commovente.

Domenica mattina altri ci hanno raggiunto da Segrate, e così ci siamo ritrovati a tavola in 75! I numeri contano sempre relativamente, l’aspetto più bello di quel pranzo condiviso era vedere tante persone così diverse per storia e appartenenza, essere lì come segno della Chiesa che vuole camminare insieme: bambini, ragazzi, adulti e anziani. Chi era lì con noi, e chi era rimasto a casa, ma era presente idealmente, avendoci aiutato con tutti i preparativi: fare la grande spesa, cuocere l’arrosto, raccogliere i materiali per i giochi). Diceva il Papa che, in Cristo, noi diventiamo capaci di relazionarci in modo sano e felice: è questo quello che abbiamo sperimentato durante il weekend a Pasturo.

Per il prossimo anno, il percorso dei cosiddetti “35-50enni” proseguirà con la cadenza quindicinale e la prima parte dell’anno sarà dedicata al lavoro sulle Udienze del mercoledì di Papa Leone, come segno di sequela alla novità di Chiesa che si sta manifestando ai nostri occhi. La partecipazione agli incontri è sempre libera e ciascuno può sentirsi il benvenuto per venire a conoscere questa realtà.

Maria Isabella


Alla Chiesa italiana

È il messaggio che Papa Leone ha rivolto il 17 giugno a tutti i vescovi italiani. Ci sembra bello segnalare tre attenzioni che chiede ai credenti italiani.


Nell’esercitare il mio ministero insieme con voi, cari fratelli, vorrei ispirarmi ai principi della collegialità, che sono stati elaborati dal Concilio Vaticano II. In particolare, la Costituzione Lumen gentium sottolinea che il Signore Gesù costituì gli Apostoli «a modo di collegio o ceto stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro». È in questo modo che siete chiamati a vivere il vostro ministero: collegialità tra voi e collegialità con il successore di Pietro.

Questo principio di comunione si riflette anche in una sana cooperazione con le Autorità civili. La CEI è infatti luogo di confronto e di sintesi del pensiero dei Vescovi circa le tematiche più rilevanti per il bene comune. Essa, all’occorrenza, orienta e coordina i rapporti dei singoli Vescovi e delle Conferenze episcopali regionali con tali Autorità a livello locale. In virtù del legame privilegiato tra il Papa e i Vescovi italiani, desidero indicare alcune attenzioni pastorali che il Signore pone davanti al nostro cammino e che richiedono riflessione, azione concreta e testimonianza evangelica.

Innanzitutto, è necessario uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al kerygma. Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo “nelle vene” dell’umanità rinnovando e condividendo la missione apostolica: «Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi». E si tratta di discernere i modi in cui far giungere a tutti la Buona Notizia, con azioni pastorali capaci di intercettare chi è più lontano e con strumenti idonei al rinnovamento della catechesi e dei linguaggi dell’annuncio.

La relazione con Cristo ci chiama a sviluppare un’attenzione pastorale sul tema della pace. Il Signore, infatti, ci invia al mondo a portare il suo stesso dono: “La pace sia con voi!”, e a diventarne artigiani nei luoghi della vita quotidiana. Penso alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali. Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione. L’apostolo Paolo ci esorta così: «Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti»; è un invito che affida a ciascuno una porzione concreta di responsabilità. Auspico, allora, che ogni Diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro. Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza generativa.

Ci sono poi le sfide che interpellano il rispetto per la dignità della persona umana. L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, l’economia dei dati e i social media stanno trasformando profondamente la nostra percezione e la nostra esperienza della vita. In questo scenario, la dignità dell’umano rischia di venire appiattita o dimenticata, sostituita da funzioni, automatismi, simulazioni. Ma la persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero. Mi permetto allora di esprimere un auspicio: che il cammino delle Chiese in Italia includa, in coerente simbiosi con la centralità di Gesù, la visione antropologica come strumento essenziale del discernimento pastorale. Senza una riflessione viva sull’umano – nella sua corporeità, nella sua vulnerabilità, nella sua sete d’infinito e capacità di legame – l’etica si riduce a codice e la fede rischia di diventare disincarnata.

Raccomando, in particolare, di coltivare la cultura del dialogo. È bello che tutte le realtà ecclesiali – parrocchie, associazioni e movimenti – siano spazi di ascolto intergenerazionale, di confronto con mondi diversi, di cura delle parole e delle relazioni. Perché solo dove c’è ascolto può nascere comunione, e solo dove c’è comunione la verità diventa credibile. Vi incoraggio a continuare su questa strada! Annuncio del Vangelo, pace, dignità umana, dialogo: sono queste le coordinate attraverso cui potrete essere Chiesa che incarna il Vangelo ed è segno del Regno di Dio.

In conclusione, vorrei lasciarvi alcune esortazioni per il prossimo futuro. In primo luogo: andate avanti nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale. Il Signore – scrive Sant’Agostino – «per mantenere ben compaginato e in pace il suo corpo, così apostrofa la Chiesa per bocca dell’Apostolo: Non può dire l’occhio alla mano: non ho bisogno di te; o similmente la testa ai piedi: non ho bisogno di voi. Se il corpo fosse tutto occhio, dove l’udito? Se il corpo fosse tutto udito, dove l’odorato?». Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire. In secondo luogo, guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici.

Abbiate cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica. Carissimi, camminiamo insieme, con la gioia nel cuore e il canto sulle labbra. Dio è più grande delle nostre mediocrità: lasciamoci attirare da Lui! E vi accompagno con la mia benedizione.

Leone XIV

Qui il testo integrale del messaggio


Parrocchia di Santo Stefano

ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO

Domenica 21 settembre 2025

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